sabato 26 febbraio 2011

Vini ed etichette

Leggere le etichette dei vini
Come una carta d'identità: l'etichetta del vino deve fornire al consumatore tutti gli elementi fondamentali per capire bene cosa acquista. La legislazione ha stabilito che i vini possono essere classificati in differenti categorie.

Vini da tavola
Con questa denominazione si intende un vino generico, comune, senza specifiche caratteristiche qualitative. Si tratta di un prodotto che viene sottoposto a controlli e norme meno severi rispetto ai vini a denominazione d'origine. In etichetta non deve essere riportata né l'indicazione sulla provenienza né l'anno di raccolta o il nome dei vitigni da cui sono stati ottenuti. La mancanza di determinati requisiti, però, non pregiudica affatto la sua qualità. In Italia i vini da tavola rappresentano circa l'85% della produzione nazionale vinicola.
Vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT)
Dalla precisa origine e tipicità, i vini IGT sono prodotti da uve che devono essere coltivate nella zona geografica indicata in etichetta (almeno per 85%). Se è indicato anche il vitigno, il vino deve provenire da questa varietà almeno per l'85%. I disciplinari di produzione dei vini IGT prevedono parametri ben specificati, come ad esempio la resa massima delle uve per ettaro, i vitigni da utilizzare, la gradazione alcolica minima naturale e quella al consumo, la zona di produzione, la resa massima di trasformazione dell'uva in vino.
Vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC)
Sono i vini di qualità provenienti da una regione ben determinata. La Doc offre due garanzie fondamentali: la certezza della buona qualità e l'origine.
Tutte le fasi di produzione - dal vigneto alla bottiglia - devono essere conformi alle indicazioni stabilite dai disciplinari di produzione, che hanno parametri più elevati e specifici rispetto alle Igt. Oltre ai quantitativi per ettaro, la resa di trasformazione e il titolo alcolometrico, sono specificate, per esempio, le percentuali di utilizzo dei vari vitigni e le tecniche colturali. Sono meglio definite anche le aree di produzione e vengono fissate le caratteristiche chimiche (valori minimi di estratto secco, acidità totale ecc.) e organolettiche (colore, odore, sapore) che i vini devono possedere.
Inoltre, prima dell'immissione in commercio, i vini Doc vengono sottoposti a un'analisi chimico-fisica e organolettica: apposite commissioni nominate dalle Camere di Commercio valutano la conformità dei vini ai requisiti imposti dai disciplinari.
Vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG)
Si tratta di vini particolarmente pregiati che devono rispondere a parametri di produzione più severi rispetto a quelli stabiliti per le Doc. La Docg è la massima qualificazione prevista per un vino. Per ottenere il riconoscimento i vini devono essere particolarmente pregiati e possedere da almeno 5 anni la qualifica di vini a Denominazione di Origine Controllata.
Per l'immissione in commercio i contenitori non devono superare i 5 litri di capacità, ogni bottiglia deve avere una fascetta con il contrassegno di Stato (le fascette sono assegnate agli imbottigliatori in funzione degli ettolitri di vino prodotti). I vini, oltre all'analisi chimico-organolettica nella fase di produzione (come per le Doc) vengono sottoposti a ripetuti esami organolettici, partita per partita, nella fase dell'imbottigliamento.
Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD)
L'Unione Europea racchiude nella categoria vini da tavola sia i vini da tavola sia i vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), mentre fa rientrare nell'unica categoria dei vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD) i vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) e a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).
Fonte: altroconsumo.it

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giovedì 24 febbraio 2011

Medio oriente infuocato

Le rivoluzioni franco-britanniche
Roma/Balcani – “Il Nord-Africa è in fiamme, un’escalation di rivolte trasformatesi ben presto in guerre civili. Questa è la guerra del Mediterraneo, volta a tracciare le nuove sfere di influenza energetiche e sottrarre ogni controllo all’Italia“. Questo quanto dichiarato da Michele Altamura, direttore dell’Osservatorio Italiano, secondo il quale sono ormai evidenti le manipolazioni delle campagne di disinformazione e dei falsi giustizialismi, volti a creare le “false rivoluzioni colorate” e così delle nuove false capitali islamiche. Un grande ruolo è ora svolto da Internet e dai social-network che rivelano così un volto molto pericolo, ossia di strumento per la creazione di assembramenti e riunioni di protesta, così come per il coordinamento delle grandi masse. In gioco vi sono gli interessi dei giganti petroliferi degli antichi colonizzatori franco-britannici dell’Africa, che con Total, Chevron, Exxon, Shell e BP hanno tracciato i propri imperi energetici, decidendo ora la destituzione di quei Governi che loro stessi hanno contribuito a creare. L’Italia, con i suoi piccoli giganti, è ora costretta ad arretrare sempre di più, vedendosi quasi costretta a lasciare Tripoli e la lunga serie di cooperazioni economiche sottoscritte con Gheddafi, mentre da sola dovrà affrontare l’ondata dei rifugiati che premono sulle coste di Lampedusa.
Mappa energetica dell’Africa musulmana

Tali eventi non potranno non avere un’eco anche nei Balcani, dove i Governi dalla stabilità già precaria rischiano di essere bersaglio di manifestazioni incendiarie, viste le implicazioni etnico-religiose sempre in gioco. Si ingrossano così i forum e i blog che fomentano odio, malcontenti, scontri, utilizzando ogni banale pretesto per accendere le micce degli scontri. Dall’aumento dei prezzi al congelamento delle pensioni, dalla costruzione di una Chiesa all’espropriazione di un terreno. Le zone calde nell’area balcanica sono tante, primo tra tutti il Sangiaccato che rivendica l’autonomia e maggiori diritti per l’etnia bosniaco-musulmana, seguito poi dalla Bosnia Erzegovina, polveriera in cui vengono trafficate troppe armi e troppo esplosivo, ed infine la Macedonia che non ha ancora risolto l’equilibrio interno macedone-albanese. I governi, in questa guerra silenziosa, non hanno strumenti per monitorare queste nuove realtà, in cui vi sono programmi specializzati volti ad innescare conflitti inter-etnici ed interreligiosi, tutto questo gestito in maniera trasnazionale. “I media non rappresentano più la libertà di stampa, ma sono diventati solo ed esclusivamente dei cartelli di disinformazione e di provocazioni, sono delle società private con degli interessi economici. La nuova “rivoluzione internettiana” serve unicamente a cambiare le zone di influenza e a mettere al potere governi-fantoccio ingovernabili – afferma Altamura -.L’Italia resta a guardare impassibile questo scenario paradossale, in cui sia la Russia che l’America o l’Inghilterra, e persino l’ultimo paese sperduto, possono infliggere ovunque un qualsiasi colpo.
Mappa presenza delle compagnie energetiche

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sabato 19 febbraio 2011

GAS

L'Italia che fa la spesa senza andare mai al supermercato
Il Gas, Gruppo d'acquisto solidale, non è un supermercato, né una bottega, né un mercato popolare… via Don Gnocchi, a due passi dallo stadio San Siro, zona residenziale e signorile. Sono le 10 del mattino di sabato. Un furgoncino si ferma davanti alla chiesa, scende un uomo di mezza età, che subito viene attorniato da una dozzina di persone. Da lontano la scena appare insolita, quasi sospetta. Da milanese diffidente sospetti l’incontro di un pusher con i suoi clienti.

Ma quando ti avvicini scopri che quelle persone sono sì a caccia di «roba», ma non di quella «roba», bensì di un genere ben più pregiato: frutta freschissima e biologica, verdura senza pesticidi, formaggi dai sapori intensi e raffinati. Quello pensavi fosse lo spacciatore, in realtà é uno dei produttori, che lavora a una manciata di chilometri da lì. Una signora apre la borsa ed estrae una bilancia. Inizia la spartizione: la famiglia Rossi voleva due chili di carote, la famiglia bianchi tre di perse e così via. Capita che i passanti, vedendo tanto ben di Dio, si mettano in coda. Pensano a un mercatino rionale o a una vendita ambulante, ma vengono cortesemente allontanati. Quella non è una vendita al dettaglio, ma il ritrovo dei membri di un G.a.s. ovvero di un Gruppo di Acquisto Solidale, per distribuire la spesa settimanale. Mezz’ora dopo è tutto finito e ognuna torna a casa con le sporte ricolme. Il passante osserva interdetto. G.a.s.? Che diavoleria è mai questa? Non è un supermercato, né una bottega, né un mercato popolare… Eppure questo é il modo con cui tra le 50 e le 70mila famiglie riempiono dispensa e frigorifero.
Un'altra Italia - I G.a.s sono associazione spontanee di persone che hanno deciso di dare un’impronta salutista e solidale ai propri acquisti di genere alimentari. Anziché recarsi al supermercato o al centro commerciale, si organizzano per comprare frutta, verdura, formaggi, ma anche riso, pasta, carne, pollame direttamente dai produttori locali, privilegiando quelli biologici e di prossimità ovvero il più possibile vicino alla città di residenza. Solidale poiché, così facendo, saltano gli intermediari e consentono al piccolo coltivatore margini più ampi, anziché quelli risicatissimi offerti da grossisti e grande distribuzione. Per intenderci: il ricarico tra il prezzo pagato al contadino e quello finale al consumatore oscilla tra il 400 e il 500%. Dunque, se un chilo di carote finisce sugli scaffali a un euro, al coltivatore ne vanno circa 20 centesimi, quando è fortunato. Talvolta le pressioni dei grossisti sono tali da costringerlo a vendere sotto costo. Con iG.a.s., invece, il consumatore risparmia o comunque non paga di più rispetto al supermercato, ha la ragionevole certezza di nutrirsi meglio e rende davvero etico e meritocratico l’impiego dei propri soldi.
Impegno personale - Una scelta affascinante, che però richiede qualche sacrificio. Ad esempio, una disciplina e spazi adeguati nell’ambiente domestico per stoccare la produzione. Al supermercato vai quando vuoi, qui invece no. L’incontro al sabato o un altro giorno diventa un rito inderogabile. Devi esserci e se sei via o salti un giro o chiedi a un altro membro del G.a.s. di ritirare le provviste a nome tuo. La scelta dei generi alimentari viene regolata secondo modalità diverse da Gruppo a Gruppo. Alcuni si avvalgono della prenotazione online, altri raccolgono le comande via email, altri lasciano fare al contadino seguendo i raccolti della stagione, con qualche aggiustamento personalizzato, del tipo: non voglio i cavolfiori, ma un chilo in più di lattuga. Insomma, si tratta di cambiare un po’ le proprie abitudini e di essere disposti a collaborare con gli altri. Non essendoci un manager, né distribuzione logistica professionale, il G.a.s. va animato e gestito dalle stesse famiglie che vi aderiscono; il che implica un minimo di attività sociale e organizzativa. Scambiarsi email, assumere iniziative, contattare i produttori, di tanto in tanto visitarli per verificare che siano davvero bio e non dei furbacchioni, indire o partecipare alle riunioni. Sempre più italiani pensano che ne valga la pena. E di solito non tornano indietro.
Successo crescente - Non essendoci un censimento, né un’organizzazione nazionale riconosciuta, é impossibile stimare con precisione il numero dei G.a.s e dei suoi membri, tuttavia, considerato che le famiglie sono composte da 3-4 persone, non é irragionevole stimare a circa 200mila gli italiani che hanno scelto questo stile di vita. Uno stile che, peraltro, asseconda l’indole nazionale. Gli italiani sono individualisti, ma non solitari. Hanno bisogno della compagnia, anzi di una cerchia chiusa – di amici o familiari – nella quale cercano protezione e conforto. Per questo all’estero sono facilmente riconoscibili: disordinati e caciaroni, uno va a destra, l’altro a sinistra, ma si muovono tendenzialmente in compagnia e dunque sempre con altre due,tre,quattro famiglie. A bene vedere i G.a.s. rispecchiano questa struttura sociologica. Permettono di scegliere liberamente sia con chi associarsi, sia a quali fornitori rivolgersi, ma non richiedono condivisione con altri gruppi e nemmeno l’obbligo di accettare altri membri. Ogni italiano può crearsi il proprio, assieme a quattro-cinque famiglie. Infatti, sebbene la maggior parte delle associazioni sia affiliata a Retegas, molte nascono spontaneamente e restano del tutto indipendenti, al punto di non essere rintracciabili nemmeno su internet.
Ecologia e famiglia - I G.a.s. nacquero nel 1994 a Fidenza e inizialmente erano tendenzialmente di sinistra o dell’area cattolico-sociale; ma con il passare degli anni questa connotazione é sfumata. Oggi non hanno orientamento politico. «Ci sono gruppi legati alle parrocchie, altri noglobal, alcuni tendenzialmente ecologisti o umanisti; ma ne vengono fondati sempre di più anche nelle zone borghesi», spiega Marco Benedetti, brillante animatore del Gas7 di Milano, quello che si ritrova in via Don Gnocchi. Ed é questo l’aspetto che colpisce di più. E’ come se nel Paese si fosse formata una nuova consapevolezza, che spinge i cittadini a premiare i produttori locali (non solo nell’alimentare, come vedremo nella seconda puntata dell’inchiesta), e al contempo un consumo giustamente critico, esigente, rispettoso della natura. Mercato ed ecologia, famiglia e innovazione, un Italia un po’ conservatrice e un po’ progressista o forse né di destra né di sinistra. Semplicemente, un’altra Italia, sorprendente e positiva.
di Marcello Foa
Fonte: ilgiornale.it

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domenica 13 febbraio 2011

Detersivo fai-da-te

Se il veleno è in casa: boicottiamo i prodotti nocivi!
Ci ammaliamo più spesso dei nostri nonni, le nostre città sono più inquinate, i prodotti alimentari che finiscono sulle nostre tavole contengono spessissimo elementi pericolosi per la nostra salute, dobbiamo stare più attenti a ciò che compriamo, a ciò che ingeriamo e addirittura a ciò che indossiamo. Siamo costantemente abituati ad essere bombardati da pubblicità che ci inducono a credere che almeno le grandi marche, almeno loro, ci offrano prodotti di qualità migliore, se pur a prezzi più alti.

Ci abbiamo creduto, per un po’, forse i più ingenui lo fanno ancora ma è arrivata l’ora di smettere di credere alle fandonie e osservare nel dettaglio i prodotti che, sperimentati nella vita d’ogni giorno, possono in realtà arrecarci notevoli danni, e la lista vi sorprenderà. Agli amanti della tv e ai creduloni consiglierei di non andare oltre nella lettura ma se lo fate, fidatevi, il vostre stile di vita potrebbe radicalmente subire variazioni.
Le nostre case sono piene, zeppe, di prodotti nocivi, a volte cancerogeni, talvolta perfino tossici.
Molte di queste sostanze, si trovano, ad esempio, nei detersivi e nei deodoranti per l’ambiente. L’ideale sarebbe produrseli in casa. Ok, non spaventatevi, si può fare e non è poi così difficile. Molte persone che si sono convertite al bio lo stanno facendo e da tempo ne decantano gli innumerevoli vantaggi, dal risparmio in termini di denaro alla salvaguardia dell’ambiente che ci circonda. È risaputo infatti che moltissimi detersivi in commercio siano frutto di derivati petrolchimici e additivi di varia natura, che producono danni a noi stessi e all’ambiente.
Una soluzione alternativasarebbe quella di utilizzare prodotti ecologici ma resterebbe comunque il problema dell’impatto sull’ambiente dell’intero ciclo di vita del prodotto, che va dal reperimento delle materie prime, al processo industriale di creazione del detersivo fino allo smaltimento dell’imballaggio (nella stragrande maggioranza di plastica, sulla cui lenta degradabilità e sugli effetti nocivi per il nostro pianeta potrebbe essere aperto un capitolo a parte: ogni anno ne vengono prodotte 10 milioni di tonnellate e una buona parte di esse finisce nei nostri mari, avvelenando interi ecosistemi, per maggiori informazioni http://oceans.greenpeace.org/it/oceani/inquinamento/vortice-plastica). La soluzione migliore resta dunque quella di produrre da sé quanto è necessario per mantenere le nostre case e i nostri indumenti puliti e disinfettati ma in maniera naturale.
Sul web molti sono i siti interessanti al riguardo, ve ne segnalo due: www.ilmiosapone.it ewww.paea.itche oltre a fornire le istruzioni per saponi, detersivi per il bucato, per i piatti, ecc… offre spunti e riflessioni per indurci a modificare in senso ecosostenibile il nostro stile di vita.
Molti prodotti chimici e di indubbia pericolosità si trovano quindi in tutte le sostanze che quotidianamente utilizziamo per pulire e lavare le nostre case ; se in pole position troviamo i detersivi, i detergenti per tappeti o moquette e quelli per i mobili, altri prodotti non sono da meno in quanto a pericolosità. Pitture, pennelli, vernici e colle usate dagli amanti del bricolage possono contenere sostanze cancerogene, così come i prodotti antipulci, zecche e pidocchi che sovente contengono lindano, fino ai prodotti per l’igiene personale, quali bagnoschiumi e shampoo.
Anche qui andrebbe aperto un capitolo a parte, in particolare per i nostri lettori e per tutte le donne che sono sempre alla ricerca dei prodotti migliori per la loro pelle o i loro capelli e che, confidando nel mito della marca, si lasciano intrappolare nelle logiche contorte delle pubblicità acquistando, spesso a prezzi salatissimi, prodotti e cosmetici di qualità pessima. La maggior parte dei prodotti commerciali sono costituiti infatti da due sostanze decisamente pericolose per la nostra salute: la paraffina, ovvero un derivato del petrolio, molto usata nella produzione di candele (da preferire decisamente quelle in cera d’api con stoppino in cotone), gomme da masticare e prodotti cosmetici appunto e il petrolato o "gel di petrolio", per la serie un nome una garanzia, anch’esso utilizzato come principale ingrediente nella farmaceutica e nella cosmetica.
Controllate dunque i prodotti che avete in casa e leggetene attentamente le etichette, ovvero l’INCI: se compare uno o entrambi di questi due elementi sappiate che state utilizzando prodotti nocivi per la vostra salute, a prescindere dalla marca del prodotto (non fanno eccezione le maggiori case cosmetiche mondiali, basta leggete le etichette!). A tal proposito vi suggerisco un sito molto particolare (www.biodizionario.it), realizzato dal chimico industrialee consulente Ecolabel, Fabrizio Zago, che cataloga le sostanze presenti nei cosmetici assegnando loro valori di tolleranza, proprio con l’obiettivo esplicito di non farsi più fregare da multinazionali prive di scrupoli.
Anche in questo caso la scelta ecocompatibile migliore è quella di utilizzare esclusivamente prodotti biologici, che pur troviamo in commercio o ancora una volta ricorrere all’autoproduzione. Al riguardo, per le più curiose vi segnalo "L’Angolo di Lola" dove troverete curiosità e istruzioni per "i trucchi fai da te" perché tutto può essere realizzato in casa, con un pizzico di pazienza e tanta creatività.
Insomma, l’era della pubblicità bruciacervelli è finita davvero!
di Annalica Casasanta.
Fonte: http://ildemocratico.com

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mercoledì 2 febbraio 2011

Dolcificanti pericolosi

Efsa: dolcificante derivato da Stevia, rischio di consumo eccessivo
Adulti e bambini che fanno un uso massiccio di cibi contenenti il dolcificante glucoside dello steviolo potrebbero superare il consumo giornaliero considerato accettabile. È quanto affermato dall'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha rivisto la sua precedente decisione sull'esposizione al consumo di stevioside, il glucoside dello steviolo, un dolcificante che si ottiene da una pianta chiamata Stevia e di cui è stato proposto l'uso in cibi sugar-free come alcune bevande aromatizzate e prodotti dolciari.

Nell'aprile 2010, la valutazione dell'Efsa sull'esposizione al consumo di tale dolcificante indicava che alcuni adulti e bambini potevano superare il consumo giornaliero accettabile di 4 mg per chilogrammo di peso corporeo al giorno (mg/kg bw/day, mg per kg body weight per day) se il dolcificante fosse stato usato al massimo livello d'uso proposto da chi chiedeva di impiegare tale prodotto. La Commissione europea ha dunque chiesto all'industria di rivedere l'uso proposto per il dolcificante, e ha chiesto all'Efsa un nuovo parere per assicurare la sicurezza d'uso del dolcificante per i consumatori.
L'Efsa ha calcolato che principale fonte di consumo di glucoside dello steviolo è rappresentato da diverse categorie di cibi che comprendono bevande aromatizzate non alcoliche. Per gli elevati consumatori di prodotti contenenti tale dolcificante, le stime elaborate parlano di un consumo di dolcificante superiore alla quantità giornaliera accettabile di 4 mg/kg bw/day. Per i bambini europei da 1 a 14 anni, l'esposizione a tale consumo varia da 1.7 a 16.3 mg/kg bw/day; per gli adulti, tale esposizione varia da 5.6 a 6.8 mg/kg bw/day.
redattore: BS

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